Rrose #01

Rrose Sélavy è il nome con il quale Marcel Duchamp, forse il più innovatore fra gli artisti del Novecento, definito il “padre” del dadaismo, firmò alcune sue opere (ready-made). Nel 1924 Man Ray lo fotografò vestito con abiti femminili: “Rrose Sélavy alias Marcel Duchamp” scrisse Man Ray sulla foto. Questo celebre ritratto è oggi conservato al Philadelphia Museum of Art. Molti titoli delle opere di Duchamp nascono da giochi di parole. Rrose Sélavy si legge come Eros c’est la vie. È lo stesso Duchamp a raccontarlo al giornalista e critico d’arte Pierre Cabanne: «Volevo cambiare la mia identità e dapprima ebbi l’idea di prendere un nome ebraico. Io ero cattolico e questo passaggio di religione significava già un cambiamento. Ma non trovai nessun nome ebraico che mi piacesse, o che colpisse la mia immaginazione, e improvvisamente ebbi l’idea: perché non cambiare di sesso? Da qui viene il nome di Rrose Sélavy. Oggi suona abbastanza bene, perché anche i nomi cambiano col tempo, ma nel 1920 era un nome sciocco. La doppia “R” ha a che fare con il quadro di Picabia Oeil Cacodylate esposto nel cabaret “Le Boeuf sur le Toit” e che Picabia chiedeva a tutti gli amici di firmare. Credo di aver scritto “Pi Qu’habilla Rrose Sélavy”». La frase che Duchamp scrisse sul quadro di Picabia suona foneticamente come Picabia l’arrose c’est la vie. Si aggiunge quindi a Eros c’est la vie l’espressione Arroser la vie, cioè “berci sopra, fare un brindisi alla vita”. Anche questa è creatività. Sottile ironia, che manda in frantumi la banalità del linguaggio, nella vita, nell’arte. Per questo ci piace un bel po’.

Rrose si occupa di creatività, dalle arti visive (pittura, scultura, installazioni, performance, fotografia, illustrazione, street art, video arte) al design (industrial design, architettura, scenografia, moda).

Art direction & graphic design, 2011
Foto del progetto: Andrea Barchiesi, Tadao Studio
Olivetti Lettera 32
16 animali, Enzo Mari
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